"THE GOSPEL SIDE OF ELVIS" DI JOE MOSCHEO

Qui sotto potete leggere alcuni estratti dal libro "The Gospel Side Of Elvis", scritto da Joe Moscheo, corista del gruppo gospel "The Imperials".
Ringraziamo di tutto cuore Maria Fagiolo, grande fan di Elvis ed amica del nostro Fan Club, per averci fornito cortesemente queste traduzioni.


Quando ti trovavi alla presenza di Elvis, non avevi altra scelta che esserne attratto. Se lo avesse voluto davvero, avrebbe potuto parlarti di qualsiasi cosa. Era così sincero, così trasparente, anche nei suoi difetti; le persone erano semplicemente disarmate. Anche i produttori e i dirigenti di Hollywood, che sopravvivono mantenendo un sano senso di cinismo, rimanevano affascinati dalla cortesia di Elvis, dalla sua considerazione per i sentimenti degli altri e dal suo desiderio di compiacere. 
La maggior parte delle persone non si aspetta tali tratti in una superstar (...) 

Bastavano cinque minuti parlando con Elvis, che ti sembrava conoscerlo da una vita. Bastava un attimo per conquistarti per un'intera vita. Non sembrava affatto che stessi parlando con una persona importante. Anzi, Elvis ti faceva sempre sentire che eri molto importante per lui, e aveva sempre tempo per ascoltarti.
A causa della sua popolarità discografica, unita al suo status di star, suscitava un enorme scalpore ogni volta che usciva in pubblico.
Una domenica di Pasqua, Elvis dovette lasciare la First Assembly Of God Church a Memphis prima che la funzione fosse finita, a causa del clamore creato dalla sua presenza. Da quel momento in poi partecipare ad una funzione in chiesa di qualsiasi tipo era fuori questione. Infatti, in un'intervista pubblicata su una rivista, Elvis elencò il "non essere in grado di frequentare regolarmente la chiesa" come uno dei primi dieci punti negativi. 

Ci deve essere un'importante ragione per il suo fedele attaccamento alla musica gospel: cantare le canzoni sacre, che aveva sempre amato, era in un certo modo la migliore occasione per pregare, nel modo migliore che conosceva. Era anche affezionato all'evangelista televisivo Humbard. Anche se si fosse trovato nel bel mezzo di una prova in studio, Elvis interrompeva qualsiasi cosa le Domeniche mattina in cui parlava Rex (Humbard). Unendo la predica televisiva con le parole e le immagini del Vangelo che emergevano dalle canzoni che cantava, Elvis cercava di raggiungere il più possibile una vita "normale" di devozione.
Se la predica televisiva era il suo sermone e la musica gospel la sua lode, ne consegue che tali atti di benevolenza rappresentavano per Elvis la sua "decima": il suo modo di vedere la responsabilità, basata sulla fede, consisteva nel ridare una parte di ciò che riceveva, in modo che ne avrebbero beneficiato gli altri.
Alcune persone potrebbero pensare che Elvis faceva regali per impressionare gli altri. Ma coloro che hanno avuto l'opportunità di sentire e conoscere la sincerità del gesto, si sono resi conto che il suo spirito generoso faceva veramente parte della sua natura. 

A causa della profonda ammirazione che Elvis aveva per J.D. Sumner e viceversa, era difficile dire chi fosse più soddisfatto del nuovo accordo con gli Stamps.
Elvis presentò J.D. annunciando al pubblico: "Signore e signori, ecco un uomo che conosco da quando avevo quattordici anni. È l'arista con la voce più bassa del mondo e non avrei mai pensato di poter condividere il palco con lui. Grazie, J.D., per avermi permesso di condividere il palco con te".

Elvis era ansioso di condividere il palco, una qualità non comune da trovare in una grande star. Un esempio di questo atteggiamento è l'episodio in cui Bill Baize, uno degli Stamps, venne chiamato nel bel mezzo dello spettacolo per fare un numero speciale. In seguito Bill andò da Elvis, profondamente commosso, e gli espresse la sua gratitudine. "Sei così grande, Elvis" disse "ed io non sono nessuno". 
La risposta di Elvis?: "Non sono così grande, sono solo un metro e 83 centimetri " disse all'orecchio di Bill mentre lo abbracciava. 

Un'altra cosa sorprendente di Elvis: lui ricordava i testi delle canzoni meglio di chiunque avessi mai conosciuto. Molti cantanti, soprattutto durante le prove o le registrazioni in studio, usano uno spartito con le parole, tanto per essere sicuri di non dimenticare qualcosa. Ma Elvis poteva ascoltare una canzone una volta sola, anche con testi difficili come "Joshua Fit the Battle" e sapere perfettamente ogni verso, ogni coro, ogni abbellimento vocale. La sua memoria era veramente un dono. 

Elvis ammise ad Hess che la sua vera ambizione nella vita era di diventare un cantante gospel.
"Beh, perché non lo fai?" chiese Hess.
Con il suo tipico senso di responsabilità per coloro che gli stavano accanto, Elvis affermò: "No, guarda le migliaia di persone che rimarrebbero senza lavoro se lo facessi".
La musica gospel era così importante per lui, che non si preoccupava di insistere su una certa quantità di riverenza e decoro, anche di fronte a persone che non avevano familiarità con quella musica.
Preferiva la classica musica gospel del Sud, che veniva eseguita dai quartetti: c'era una voce bassa che bilanciava le voci alte dei tenori. Le due parti, colui che conduceva (la melodia) e il baritono (l'armonia) bilanciavano. Elvis preferiva sempre le canzoni religiose con toni pacati, con la forma "a cappella" per meglio raccogliersi in preghiera.

(c) "The Gospel Side Of Elvis" - Joe Moscheo