"IN THE TWILIGHT OF MEMORY" DI JUNE JUANICO: 12 GIUGNO 1956

Antefatto: l'11 Giugno 1956, circa un anno dopo aver conosciuto Elvis, June Juanico si trova in vacanza a Memphis con delle amiche. Vanno a curiosare nella casa di Audubon Drive, pensando che Elvis fosse in tour, invece lui arriva inaspettatamente insieme ai genitori e le trovano nel giardino a sbirciare i lavori in corso per la realizzazione della piscina.
Il giorno dopo Elvis va a prendere June in albergo per fare un giro in moto insieme. Dopo averla portata in un negozio a comprare un cappello da motocicletta uguale a quello che indossava lui, vanno da Lansky e la presenta a tutti come "il suo tesoro di Biloxi, Mississippi".



La nostra successiva destinazione fu Mudd Island. Quando Elvis ha detto "isola", mi aspettavo di vedere sabbia bianca, schiuma di mare e palme, come nelle isole sulla costa del Mississippi. Ma questa non era altro che una lunga striscia di asfalto.
"Quanto veloce vuoi andare baby?"
"Più veloce che puoi!"
ho risposto.
"Ok, abbassati il cappello e tieniti stretta".
Il cuore batteva all'impazzata. Dopo cinque minuti di corsa folle, abbiamo rallentato e poi ci siamo fermati.
"A quanto siamo andati?".
Avevo la testa nascosta dietro la sua schiena, troppo spaventata per sbirciare il contachilometri da dietro la spalla.
"Oh, più o meno 120 miglia orarie. Perché? Hai avuto paura?".
"Chi, io? No! So che non lasceresti mai che mi succeda qualcosa".
"Beh, io l'ho avuta! Senti il mio cuore!".
Ho messo la mano sul suo petto – il suo cuore stava battendo più veloce del mio. Non so se era per la paura o l'eccitazione della corsa. Abbiamo riso e ci siamo abbracciati: eravamo tutti e due senza fiato.
Ci siamo seduti sulla riva a guardare le acque agitate del fangoso fiume Mississippi.
Elvis ha iniziato a cantare.
"Ol' Man River, that Ol' Man River. He don't say nothin', but he must know somethin' He just keeps rollin', he keeps on rollin' along".
La sua voce era così vellutata e profonda che non riuscivo a crederci. Mi ha fatto venire i brividi. Pensando che avessi freddo, mi ha messo un braccio intorno alle spalle.
"Non avevo idea che la tua voce fosse così potente. Perché non la usi? Dovresti fare sentire a tutti che canti così".
Gli stavo facendo un complimento ma lui l'ha scambiato per una critica.
"Sai veramente cantare, Elvis Presley. Sono sbalordita".
"Cosa significa veramente? Pensavo di stare cantando. Non ti piace come canto?"
. Si stava arrabbiando un po'.
"Adoro come canti! E' solo che hai questa voce ricca e potente e nessuno lo sa. Hai mai sentito parlare di Mario Lanza?".
"Sì, credo di si, ma è un cantante d'opera June. Io canto Rock'n'roll e ballate".
"Non sto parlando del genere di canzoni, parlo del modo in cui le canta. Tu hai le stesse qualità – la potenza, la forza. Hai lo stesso tipo di voce. Puoi fare in modo che la gente senta la tua musica, oltre che ascoltarla. Quello che hai è un grande dono, e penso che dovresti condividerlo con tutti. Qualcuno ti ha mai sentito cantare così prima?".
"Solo mia mamma", ha risposto teneramente.
"Perché solo tua mamma?"
"Perché lei ama sentirmi cantare e non mi critica mai. Lei è la ragione principale per cui sono diventato un cantante. Mi ha convinto che avevo una bella voce e mi ha dato la fiducia necessaria per alzarmi e cantare in pubblico".

"Beh, ringraziamo il Cielo per tua madre. Aveva ragione, m'è venuta la pelle d'oca a sentirti cantare adesso. Mario Lanza finora era l'unico cantante che mi faceva venire la pelle d'oca. Hai mai sentito una canzone che si chiama "O sole mio"?
"Non lo so. Come fa?"
Ho provato a cantare quel poco che conoscevo e ho finito con la-la-la-la-la per il resto. Lui ha sorriso; gli piaceva.
Quattro anni dopo, nel 1960, Elvis ha registrato "It's now or never", la versione inglese di "O sole mio".
Quel giorno abbiamo girato in moto tutta la città. Mi ha portato alla Humes High School, mostrandomi orgoglioso dove si era diplomato, ed anche alla compagnia elettrica dove aveva lavorato come camionista. Quando mi ha indicato il tipo di camion che guidava, l'ho preso un po' in giro.
"Quando mi hai detto che eri un camionista, pensavo che ti riferissi a un camionista tipo di un diciotto ruote".
"Un camion è un camion June".
"Lo so Elvis, ma ci sono grandi camion e piccoli camion".
"Ok, allora ero un piccolo camionista. Di sicuro so una cosa June, piccolo o grande, quando un camion ti si accosta, faresti bene ad avere la gonna abbassata e le gambe unite, perché hanno tutti una bella visuale. Io lo so! Era la parte che preferivo del mio lavoro. Sto solo scherzando, lo sai che non lo farei mai".

Abbiamo riso. Tutti e due sapevamo che lo avrebbe fatto.
Più tardi, quel pomeriggio, stavamo percorrendo una strada a quattro corsie nel mezzo della città e ci siamo dovuti fermare a un semaforo rosso.
Uno dozzina o più di marinai stavano attraversando la strada davanti noi. Uno dei marinai ha detto: "Lo so chi sei, ma preferirei conoscere chi sta dietro la tua moto".
Elvis è partito a razzo, ha passato il semaforo rosso ed ha fatto scappare i marinai per mettersi in salvo. Poche miglia più avanti ha fermato la moto e siamo scesi.
"Te la sei cercata June!", ha detto rabbiosamente, con le braccia incrociate sul petto.
"Mi sono cercata cosa?" ho risposto innocentemente.
"Stavi flirtando con quei ragazzi! Non dirmi che non è vero".
Ho dovuto ridere. Era così fuori strada che non potevo crederci.
"Beh, Elvis Presley, io credo che tu sia geloso!".
"Non sono geloso June, penso che eri fuori luogo".
"Beh, anch'io! Avresti dovuto ignorarli. E non mi accusare di stare flirtando! E' stata una cosa da folli schizzare via in quel modo. Avresti potuto fare del male a qualcuno".

Stavo facendo finta di essere arrabbiata.
"Certo, credo di aver fatto una cosa stupida. Mi ha fatto proprio arrabbiare, tutto qua. Non sopporto che qualcuno ti faccia commenti pesanti".
"Ma non era un commento pesante su di me Elvis. Quel tipo sapeva chi eri e voleva farti arrabbiare, tutto qui. Ti rendi conto che siamo stati insieme pochi giorni e stiamo già avendo una lite di coppia?".
"E' perché sono pazzo di te June. Non sono mai stato così pazzo di nessuno prima, e non so come gestirlo". Sembrava sincero.
"Sei pazza June, ti amo per questo", ha detto ridendo. Mi ha staccato da terra e mi ha fatto girare in tondo, baciandomi così teneramente prima di rimettermi giù. Anche io ero pazza di lui e credo che lo sapesse. C'erano momenti che non dicevamo una parola, persi l'uno negli occhi dell'altra. Cercare di non innamorarsi di Elvis era quasi impossibile.
Si stava facendo tardi. Quando siamo tornati all'albergo gli ho dato un bacio dietro il collo, sono scesa dalla moto ed ho fatto per andarmene. Lui non aveva accennato niente riguardo al rivedermi. Mi ha afferrato, mi ha tirato a sé e mi ha baciato sulla fronte.
"Vai a riposarti un po' baby. Torno a prenderti tra qualche ora. Ok?".
"Ok, sarò pronta!"
"Elvis è stato via il tempo necessario per rasarsi, fare una doccia e vestirsi. Ha bussato alla porta della camera del motel al ritmo di "Ammazza la vecchia col flit".

L'ho invitato ad entrare per chiacchierare un po' con me e le ragazze, ma ha declinato l'invito.
"Non possiamo rimanere June. Mamma e papà ci stanno aspettando per cenare insieme. Spero che non hai mangiato".
"No, non ho ne ho avuto il tempo. Mi ci è voluta un'ora solo per districarmi i capelli!".
"Mi dispiace per la fretta June. E' una decisione dell'ultimo momento. Quando sono uscito dalla doccia, mamma mi ha chiamato per andare a cena. Quando le ho detto che non avevo tempo ci è rimasta male. Mi sono sentito in colpa per questo, June. Davvero, non ho passato molto tempo con lei, così le ho detto che venivo a prenderti e sarei tornato, così potevamo cenare tutti insieme. Spero che vada bene per te".

"Per me va bene Elvis. Mi piacerebbe conoscere i tuoi genitori".
La signora Presley ci stava aspettando sulla porta.
"Mamma questa è June. June questa è mia madre".
"E' bello vederti di nuovo June. Elvis ha dimenticato le buone maniere l'altra sera e non ci ha presentato nessuno"
, ha detto prendendolo in giro.
"E' bello vederla ancora signora Presley"
"Vieni e siediti qui di fronte a me, June. Entrambi i miei uomini si siedono sempre a capotavola".
La signora Presley non aveva molto da dire quella sera. Elvis mi ha detto più tardi che avevano avuto un piccolo disaccordo riguardo al fatto di mangiare così tardi. Ero sollevata; pensavo che fosse per causa mia.
I Presley sono andati a letto poco dopo aver cenato ed Elvis e io abbiamo guardato un po' di TV.
Abbiamo deciso di andare a fare un giro, questa volta in macchina, e siamo tornati a Mud Island. Elvis voleva farmi vedere quanto era bella di notte. Ed era bella: le luci brillavano tutto intorno a noi. Abbiamo parcheggiato giù vicino al fiume e abbiamo guardato i rimorchiatori ben illuminati. Era romantico. Non potevo fare a meno di pensare a quante altre ragazze ci aveva portato prima di me.
"Devo farti una confessione June!".
Non gli ho dato modo di finire la frase.
"Lo so Elvis, non sono la prima ragazza che porti qua".
Lui ha riso come se quella fosse la cosa più divertente che avesse mai sentito.
"Non era quello che stavo per dire. Però hai ragione!".
Adesso stavamo ridendo entrambi come pazzi.
"Ora fammi finire, prima che mi dimentico cosa diavolo stavo dicendo all'inizio. Troppo tardi, l'ho già dimenticato".
"Stavi parlando di una confessione, ricordi?".
"Ah sì! Ricordi quanto siamo andati veloci con la moto oggi? Beh, non ero mai andato così forte prima. Ero spaventato!".

"TU eri spaventato! Io per poco non me la faccio addosso".
"Uh oh June, non dirmi che sei una piccola pisciasotto!".
"Ci sono andata vicino Elvis, molto vicino".
Abbiamo riso e ci siamo abbracciati e baciati finché siamo stati vicini a lasciarci andare. Avevamo entrambi il respiro pesante e abbiamo deciso che era meglio fermarsi prima di esagerare.
Si stava facendo tardi ed eravamo tutti e due stanchi. Alla fine ha accettato di riportarmi all'Holiday Inn.
"Non voglio lasciarti June. Vieni a casa con me. Stai con me stanotte", ha supplicato.
"Non posso farlo Elvis! Non ho mai fatto una cosa del genere prima".
Ero confusa dal suo invito, ma sapevo anche che volevo andare con lui. Non so cosa mi stava trattenendo.
"Non farei altro che tenerti stretta a me June, lo prometto".
"Non posso. Semplicemente non posso. Per piacere non chiedermelo".
Ora ero io che stavo supplicando. Avevo paura che avrebbe pensato male di me se avessi detto di sì.
"Ok baby, credo che sia meglio così. Ti passo a prendere domani mattina".
"A che ora?".
"Non lo so, ti chiamo prima".
"Dammi abbastanza tempo per prepararmi, ok?"
"Ok baby, sei sicura che non vuoi venire a casa con me?".
"E' proprio così Elvis, io VOGLIO venire a casa con te, ma proprio non posso. Che cosa penserebbero i tuoi genitori? Cosa penserebbero i miei amici? E cosa penseresti tu di me?".

"Non so cosa penserebbero loro June, ma io credo che sarebbe fantastico. Ti ho sognato June, tante volte".
"Vai a casa e sognami stanotte, così posso stare con te e non avere nessun senso di colpa. Ok?".
"Ok baby, qualsiasi cosa dici, sei tu il capo stanotte".
Ci siamo dati un lungo bacio della buonanotte. L'ho guardato tornare verso la macchina. Avevo voglia di corrergli dietro, ma non l'ho fatto.
Non solo avevo voglia di passare la notte con lui, volevo stare con lui per sempre.

Il nostro grande ringraziamento va alla cara amica Laura Costanzi per la traduzione e la concessione d'uso.