PAUL SIMPSON - LA STORIA SEGRETA DI "KING CREOLE"

Paul Simpson, autore di alcuni libri dedicati ad Elvis Presley, tra cui le celebre "Guida Completa ad Elvis Presley", si occupa in questo articolo del film "King Creole", interpretato da Elvis Presley nel 1958, ed analizza come la dicotomia tra l'eccezionale performance di Elvis come attore ed i risultati al botteghino, abbiano avuto conseguenze nella sua carriera cinematografica.



"Non aveva assolutamente senso andare oltre i limiti", ha dichiarato una volta il produttore Hal Wallis, riflettendo sulla carriera cinematografica di Elvis Presley.
I quattordici anni che il Re ha trascorso ad Hollywood sono stati ragionevolmente redditizi per i produttori, per gli studios, per Presley ed il suo manager, il Colonnello Tom Parker, ma molti critici hanno fatto eco alla visione sprezzante di Pauline Kael, ossia: "Elvis ha realizzato 31 film che andavano dal mediocre al putrido e quasi in quell'ordine" .
Poiché Wallis aveva prodotto nove di quei film, era convinto che la putridità non avrebbe dovuto infangare la sua reputazione di essere uno dei più grandi creatori di film e celebrità hollywoodiane. Il titolo della sua autobiografia "Starmaker" (Creatore di Stelle), riassume succintamente l'immagine che il produttore aveva di sé.
Il modo più semplice per deviare le critiche era far credere - come hanno fatto Wallis ed il suo fedele sceneggiatore Allan Weiss - di aver fatto il miglior uso possibile delle capacità di recitazione di Elvis e che, data la sua fama come celebrità, non avevano altra scelta che costruire sceneggiature intorno al cantante, piuttosto che intorno all'attore.
Weiss fu molto insistente sul fatto che Presley fosse più efficace come "personaggio canoro".

Elvis era troppo famoso per avere interesse come attore?
Per essere onesti con Wallis, come ha notato lo storico del cinema tedesco Björn Eckerl, la personalità di Elvis, lo status iconico e la sua immagine rappresentarono una sfida per i produttori. Persino una storia di fantascienza, ha lasciato intendere Eckerl, sarebbe diventata "un film di Elvis" nell'istante in cui la star fosse apparsa sullo schermo.
Eckerl aveva ragione. Era quasi impossibile per Elvis, l'attore, trascendere la propria fama di cantante. Tuttavia, se il destino di Elvis era interpretare se stesso, avrebbe potuto interpretare un'immagine di se stesso più intrigante del personaggio dei cartoni animati che, molto spesso, ha dovuto rappresentare.
Avrebbe anche potuto - come Robert Redford ha fatto abilmente nel corso dei decenni - interpretare se stesso in modo tale da lasciar credere che il personaggio, che il pubblico pensava di conoscere, contenesse complessità e sfaccettature nascoste ed intriganti.
In effetti, Presley ha fatto proprio questo, di solito con buoni risultati, in "The Trouble With Girls", "Loving You", "Follow That Dream", "Jailhouse Rock", "Flaming Star" e, soprattutto, in "King Creole".

La grande scommessa di Wallis:
"King Creole" è stato prodotto, ironia della sorte, da Wallis. Nel 1956, l'esperto e versatile produttore, era rimasto folgorato dal provino di Presley, dicendo: "La telecamera lo ha  accarezzato", come aveva fatto il giovane Errol Flynn.
Tuttavia, a differenza del suo socio Joseph Hazen, Wallis non credeva che la sua nuova scoperta potesse diventare un serio attore drammatico. Dopo aver visto la recitazione di Elvis in "Loving You", il produttore ha avuto qualche ripensamento. Nonostante la sua successiva affermazione, sembrava pensare che potesse essere giusto dare una spinta ad Elvis.
Nella sua autobiografia, Wallis racconta di aver deciso di scritturare Elvis in "King Creole", film basato sul romanzo coraggioso di Harold Robbins "A Stone for Danny Fisher", e di "dargli il miglior regista del settore, mio ​​caro e buon amico Michael Curtiz".
Il produttore aveva intenzione di realizzare il film sin dal 1955 - l'idolo di Elvis, James Dean, avrebbe dovuto interpretare Danny Fisher - ed il fatto che abbia scelto Presley mostra quanta fiducia era riuscito rapidamente a riporre nella sua giovane star.
Wallis non si fermò solo a questo. Scelse attori di talento, come Brian Hutton, Dean Jagger, Carolyn Jones, Walter Matthau, Liliane Montevecchi, Vic Morrow e Paul Stewart.
John Rich, che ha diretto due film di Elvis per Wallis, era solito paragonare la recitazione al tennis: se avevi un avversario con delle capacità dall'altra parte della rete, eri obbligato ad alzare il livello del tuo gioco. In tale compagnia, con Curtiz che lo dirigeva, Presley doveva presentarsi al meglio delle sue possibilità.
Elvis e Danny Fisher avevano molto in comune e la dedizione della star impressionò il suo regista, che disse: "Proprio come con la sua musica, si è lasciato veramente coinvolgere nella recitazione. Lo guardavi negli occhi e, credi, era davvero nella parte".
Come Jan Shepard, (la sorella di Danny, Mimi), ha osservato: "C'era una grande spontaneità nella sua recitazione - è davvero diventato il giovane ragazzo".
Wallis, Curtiz e Hazen si sono impegnati moltissimo per affinare la sceneggiatura, paragonando lo scontro centrale tra il padre (Jagger) ed il figlio (Elvis) alla relazione disfunzionale tra Big Daddy e Brick in "Cat On A Hot Tin Roof" (La Gatta sul Tetto che Scotta) di Tennessee Williams.
La storia che si svolge è tutt'altro che convenzionale, caratterizzata da colpi di scena drammatici, meravigliose allusioni (specialmente tra Presley e Jones, indimenticabile nei panni di Ronnie, la donna con cui ha una storia d'amore condannata) ed un epilogo insolitamente inconcludente. Poiché Elvis ed il suo innocente amore Nelly (Dolores Hart) non sono del tutto riconciliati, l'ambiguità è racchiusa nella sua ballata finale "As Long As I Have You": mentre apparentemente si rivolge a Nelly, onora il triste Ronnie, che gli ha insegnato la canzone.
Wallis respinse alcuni tentativi di Paul Nathan di annacquare la storia, ignorando un promemoria nel quale il suo socio si lamentava: "Il passaggio in cui Danny usa due bottiglie rotte in una scena è inaccettabile". 
Oltre alle bottiglie rotte, "King Creole" mostra inviti a rapporti intimi in hotel squallidi, un combattimento con i coltelli ed il tormentato antieroe adolescente che, accidentalmente, aiuta a derubare suo padre.


"Elvis Presley sa recitare!":
Danny Fisher è ancora, per usare le parole di Weiss, come "un personaggio che canta", ma "King Creole" è in un livello completamente diverso da quello in cui si trovano film più deboli, come "Paradise, Hawaiian Style", che spesso sembra più "Purgatory, Hawaiian Style".
La qualità della colonna sonora ha aiutato: "King Creole", "Trouble", "Hard Headed Woman", "Crawfish", "New Orleans" sono tra le canzoni più belle dei suoi film  - ma ciò che rende "King Creole" così pieno di soddisfazione è che, a differenza di tanti film di Presley, gli ha dato l'opportunità di fornire la sua più avvincente, credibile e carismatica interpretazione sullo schermo.
Matthau, scelto per interpretare il boss dei gangster Maxie Fields, ha detto di Elvis: "Era abbastanza intelligente da sapere cos'è un personaggio e come interpretarlo semplicemente essendo se stesso attraverso il significato della storia". 
Guardando "King Creole", si può capire perché Curtiz credeva che "Elvy" sarebbe diventato un "attore meraviglioso". Purtroppo, non è stato così.
Il raggiungimento della maggiore età di Danny Fisher è il fulcro di un classico oscuro, complesso, che fonde diversi generi e che va - come Gerald Peary ha notato nella sua entusiasta valutazione - "da un musical serio e drammatico, già di per sé una forma strana, fino ai puri film noir degli anni '40"- e funziona brillantemente come un film per adolescenti: "Rebel Without A Cause" con l'aggiunta del rock and roll.
Nella parte centrale del film, ha osservato Peary, Elvis interpreta un "essere umano contraddittorio sotto tutti i punti di vista, diviso tra l'odio verso suo inetto papà ed il desiderio di avere rispetto di suo padre; intrappolato tra il desiderio di avere successo in modo faticoso e normale ed un impulso autodistruttivo da realizzare attraverso il crimine e la collera fuori controllo". 
Una scena illustra, sul piano economico, le contraddizioni del protagonista: dopo aver aiutato i teppisti di Vic Morrow a rapinare un negozio, il suo innato senso del decoro lo porta ad insistere che il complice disabile della banda possa ottenere una giusta parte del bottino.
Come racconta il biografo di Wallis, Bernard F. Dick, Curtiz è riuscito ad intravvedere la rabbia che Elvis nascondeva dietro la sua facciata gentile.
Il regista non sapeva perché il suo attore protagonista fosse arrabbiato.
Dick pensa che Presley fosse irritato dalla crescente consapevolezza "di essere in procinto di diventare più una merce che una persona; una trasformazione davanti alla quale Elvis si sentiva impotente", ma quell'emozione, l'anima del personaggio di Danny, ha alimentato una performance che ha spinto il critico del New York Times Howard Thompson a dire: "Bene, che mi venga un colpo! Elvis Presley sa recitare". 
Wallis era altrettanto colpito, tanto da puntualizzare nella sua autobiografia: "Elvis è stato eccellente in un ruolo molto impegnativo".
Elvis non trascende del tutto la sua immagine in "King Creole", ma la rende magnificamente irrilevante. L'attenzione scrupolosa alla sceneggiatura ed al cast, il ruolo impegnativo ed il carisma hollywoodiano della vecchia scuola di Curtiz hanno galvanizzato Presley.
Dopo aver interpretato "Trouble" sul set, Tony Russo (che interpretava Chico il barista) disse a sua moglie: "Mio Dio, ho appena assistito a una delle più grandi esibizioni che abbia mai visto".
In fondo Wallis aveva corso un rischio. Anche se, in seguito, ha insistito nel dire che non avrebbe avuto senso costruire un film drammatico attorno ad Elvis, lo ha fatto proprio con "King Creole". Presumibilmente, una parte del ragionamento nell'assumere un regista così eccezionale ed un cast sontuoso, stava nel fatto di voler vedere se il film poteva dare spazio all'attrattiva di Elvis.

La linea di fondo:
Artisticamente, la scommessa di Wallis lo ha ripagato. Nessun altro film di Elvis è stato acclamato così a lungo. Persino "Variety" ha ammesso, con arroganza, che Presley veniva mostrato come un "attore più che azzeccato". (Quel tipo di condiscendenza da parte dell'establishment di Hollywood spiega, probabilmente, perché nessuna delle canzoni di "King Creole" non entro nemmeno tra le nomination per un Oscar).
Tuttavia, dal punto di vista commerciale, il film fu un flop: presenziò nelle classifiche dei botteghini di Variety per quattro settimane, raggiungendo la 5^ posizione.
I dati al botteghino non sono sempre autorevoli o direttamente comparabili, ma Cogerson Movie Score ha notato che ha incassato solo 2,6 milioni di dollari, rispetto agli 8,6 milioni di dollari di "Jailhouse Rock".
Da lettore esperto, meticoloso ed esigente dei dati del botteghino, Wallis recepì il messaggio, ma gli incassi deludenti non diminuirono il suo affetto per il film.
In seguito disse: "Non ho tutte le cifre, ma credo che uno dei film di Elvis meno riusciti sia stato "King Creole", ma era il mio preferito". In ogni caso non si spinse più oltre i limiti con il Re.
"King Creole" non è solo il miglior film di Elvis, è anche il più importante. Il relativo fallimento commerciale del film, come esploro nel mio prossimo articolo, perseguiterà la carriera cinematografica di Presley.



(c) Paul Simpson