INTERVISTA A PER-ERIK HALLIN

A DESTRA - PER-ERIK HALLIN 
Nel 2006 il musicista svedese Per-Erik Hallin, cantante e pianista del gruppo "Voice" che ha lavorato con Elvis Presley nel 1973 - 1974, ha rilasciato un'intervista.
Il gruppo "Voice" originariamente era formato da Sherrill Nielsen, Donnie Sumner e Tim Baty.
Sherrill Nielsen aveva appena lasciato The Statesmen Quartet. Ad Elvis piaceva moltissimo Sherrill perchè riusciva a raggiungere vocalmente delle note molto più alte di quelle che riusciva a raggiungere un normale tenore.
L'esecuzione di "Softly As I Leave You" di Elvis Presley e Sherrill Nielsen è stata candidata al Grammy Awards nel 1978.
Donnie Sumner aveva da poco lasciato gli Stamps Quartet.
Si unirono per creare un po' di musica insieme e sono finiti con i "Tennessee Rangers".
Alla richiesta di Elvis, presero un aereo per Las Vegas per cantare per lo spettacolo di Tom Jones ed alla fine dell'ingaggio, Elvis li assunse affinchè diventassero il suo gruppo gospel personale e cambiò il loro nome in "Voice". Il gruppo era formato da Donnie Sumner, Sherrill Nielsen e Tim Baty. Sembra che Elvis abbia preso spunto per il nome da un periodico religioso che riceveva.
Tornando a Per-Erik Hallin, Elvis lo chiamava semplicemente "Pete".
Pete si è dedicato prevalentemente alla musica gospel e questa intervista è stata fatta in occasione del programma radiofonico "Rock Me Lord", dedicato ad Elvis Presley ed al suo legame con la musica gospel. Il programma venne trasmesso il giorno di Pasqua del 2006.


Tu hai suonato con Elvis. Quando è stato?
L'ho fatto nel 1973 per una session di registrazione e poi sono diventato componente di un gruppo - "Voice" - che è andato in tour con Elvis per un anno, fino alla fine del 1974.

Come sei finito a suonare con Elvis?
Un quartetto gospel chiamato "Oak Ridge Boys" ha visitato la Svezia e mi ha raccomandato per questo gruppo.

Come è stato quando hai incontrato Elvis?
La prima volta in cui ho incontrato Elvis, stavo facendo l'audizione per il gruppo, e non sapevo che avrei incontrato Elvis. Ma nel mezzo di quei pochi giorni che ho trascorso a Nashville, loro dissero improvvisamente che Elvis stava facendo una session di registrazione e che, pertanto, saremmo andati là. 
I tre cantanti del gruppo avrebbero cantato per il suo album ed il resto di noi si sarebbe unito.
Eravamo a casa di Elvis, a Graceland, ed abbiamo suonato qualche canzone che avevo provato con loro. Ma non avevo capito subito che le canzoni proposte erano quelle che avrebbe potuto portare con sé alla session di registrazione, ma era così.
Poi ho sentito quello che il produttore ed Elvis hanno detto: "se noi scegliamo questa canzone, allora forse questo ragazzo (parlavano di Pete) può unisi e suonare qualcosa". Ho pensato che, probabilmente, avevo sentito male; questo è qualcosa che non volevo dare per scontato in anticipo. Ma è successo veramente che mi sono unito al gruppo ed ho suonato alcune canzoni. C'era un altro pianista nello studio (David Briggs), così eravamo in due, e qualche volta abbiamo suonato anche la doppia tastiera.

In quali canzoni hai suonato?
Ho suonato in alcune canzoni che sono finite in due album diversi, uno è stato chiamato "Promised Land" e l'altro "Good Times".  Quando siamo arrivati al repertorio, era molto vario, sia musicalmente, sia dal punto di vista dei contenuti, ma c'erano anche molte canzoni che avevano un fortissimo tocco gospel. 

Tra queste, la prima?
La primissima canzone in cui ho dovuto suonare, non era un gospel, ma aveva un testo che andava in quella direzione, ed è stata chiamata  "I Got A Feelin' In My Body".

Com'è andata?
Bene, è andata bene. Probabilmente sarei più nervoso adesso di quanto lo ero allora. Ero così giovane! Ma è stato davvero strano, perchè è stata registrata subito la maggior parte della canzone. E' qualcosa che la maggior parte degli artisti non fa, nemmeno allora quando si registrava la traccia ritmica prima e poi il cantante faceva la sovraincisione vocale. 
Questa sembrava più un'esibizione live. Anche la parte corale venne incisa direttamente.


Come era l'umore in studio?
Molto, molto rilassato.
Non si facevano prove, ma loro suonavano una demo a ripetizione...ancora e ancora...e ancora... E poi i musicisti scrivevano quello che sentivano, accordi e cose del genere.
E poi usavano i numeri. Era la prima volta che lo vedevo fare. Invece del nome degli accordi, usavano 1, 2, 3, 4.  Lo chiamavano "Il sistema numerico di Nashville". 
Poi, improvvisamente, veniva il momento di incidere ed era molto simile ad una "jam"; molto rilassata ed ispirata.

Cosa pensi della prima canzone "I Got A Feelin' In My Body"?
Mi piace molto, ed è stata in realtà anche un'ispirazione per me per una canzone che ho scritto in seguito. E' uno stile di musica che mi piace.

Hai detto di aver inciso anche materiale gospel. C'è qualche altra canzone di cui ti ricordi tra le incisioni?
Sì, una delle canzoni aveva un testo molto bello. Si chiama "If That Isn't Love". Ma non ho suonato il pianoforte in quella canzone; l'ha suonato David Briggs. E' un testo gospel incredibilmente profondo e bello, secondo me.

Cosa hai pensato di Elvis quando ha cantato queste canzoni gospel?
Ho pensato che Elvis ha fatto del suo meglio in ogni canzone. Ma il suo reale e speciale legame con la musica gospel non l'ho notato pienamente in quell'occasione, poichè era la prima volta. E' qualcosa che ho iniziato a notare sempre di più man mano che passavo del tempo con lui durante quell'anno, perchè abbiamo trascorso un sacco di tempo insieme privatamente, dopo i concerti.

Cosa succedeva allora?
Beh, eravamo spesso intorno al pianoforte, e lui cantava solamente perchè gli faceva piacere. Ed in quei momenti era evidente il grandissimo amore che aveva per le canzoni gospel.

In quale modo?
Perchè voleva veramente cantarle, ma non era necessariamente lui quello che cantava. Molte volte ascoltava oppure cantava solo una parte e specialmente cantava le parti basse.
Credo che lui pensasse che molto di quello che faceva nei suoi spettacoli fosse superficiale, ma in quel momento era serio, era evidente che lo faceva con il cuore.
Ho riflettuto molto su questo in seguito. 
Elvis era esposto, direi quasi, ad un'idolatria che non aveva alcun limite, fuori controllo e lo è ancora molto spesso. Lui, invece, era una persona molto semplice.
Sembra che la musica gospel fosse un rifugio per lui.
Penso anche che sia quasi commovente pensare che ad una persona esposta a così tanta idolatria piacesse essere, invece, uno qualsiasi del gruppo e cantare canzoni come "There's Somebody Bigger Than You And I" e simili.
E' come se tutto avesse una prospettiva diversa nella musica gospel.
Nella solita musica si guarda al cantante, che sta lì sul palco. Ma io penso che nella musica gospel si è portati ad alzare gli occhi ed a focalizzarsi su Colui che ha dato al cantante il dono del canto, e pertanto tutto prende una prospettiva più salutare. Penso che Elvis credesse fortemente in questa cosa.

Che rapporto aveva Elvis con la musica gospel?
Penso di poter dire senza esitazione che il gospel era semplicemente il genere musicale che Elvis amava di più. E penso che se qualcuno di quelli che lo conoscono bene, e forse meglio di me, fossero seduti qui vicino a me, annuirebbero e sarebbero d'accordo e direbbero: "Sì, è così". E' stato detto molte volte ed io ne ho avuto esperienza in prima persona.

In quale modo hai notato che questa era la musica che era più importante per Elvis?
Si notava in tutti i suoi comportamenti e nel cuore che ci metteva quando la cantava, ed il rispetto che dimostrava anche per la musica. 

Elvis cantava canzoni religiose anche sul palco quando sei stato con lui, inclusa "How Great Thou Art", che è originariamente un inno svedese, dal titolo "O Store Gud". So che hai cercato di convincere Elvis di questo, ma lui non ci ha creduto. Vorresti condividere qualche pensiero su questa faccenda?
Sì. Il mio ricordo di questo è che avevo saputo che era originariamente una canzone svedese, ma nemmeno io ero sicuro al 100%. Gli dissi: "Penso che questa sia una canzone svedese", ma lui pensò che lo stessi prendendo in giro.
Probabilmente ha pensato che, proprio perchè a lui piaceva molto, io dicessi che era svedese, così non mi prese sul serio.
Sono diventato un po' insicuro, così non ho insistito e non è stato detto più niente.
Purtroppo, come molti americani, Elvis pensava che fosse americana, ma in seguito ho saputo altro riguardo "O Store Gud" e so per certo che è svedese. Anche se nessuno veramente sa da dove arriva la musica, il testo è stato scritto da Carl Boberg alla fine del 1800.


Tu eri sul palco quando Elvis ha cantato "How Great Thou Art". Cosa ne pensi di questa performance?
Mi piace moltissimo. Ma il ricordo più forte che ho è di una volta in cui non ero sul palco ed ho potuto sentirlo mentre la eseguiva. Ricordo di essermi profondamente commosso.
Eseguiva quella canzone con un incredibile sentimento.
Ci fu un periodo in cui stavo sostituendo un ragazzo del coro.
Questo è successo durante il tour di Marzo 1974. E qui c'è qualcosa che merita di essere raccontato, perchè penso sia divertente per noi svedesi.
Elvis ha vinto tre Grammy Awards durante la sua carriera e nessuno per le sue canzoni rock.
Il primo Grammy è stato per un album gospel dal titolo "How Great Thou Art", che ha fatto negli anni '60. Poi ha avuto un Grammy per "He Touched Me" ed anche quella canzone esiste in Svezia. Si chiama "Han Fann Mig" ed è anche una canzone natalizia.
Poi ha avuto il terzo Grammy e fu per come eseguì la canzone "How Great Thou Art" nel concerto del 1974. Non ci ho pensato se non molti anni dopo. Lo stesso giorno in cui qualcuno me l'ha detto:  avevo appeso una foto di "O Store Gud", un dipinto su quel tema nel mio salotto, e qualcuno mi ha chiamato per dirmi che Elvis aveva ricevuto un Grammy proprio per quello.
Ero profondamente commosso, tanto che piansi, perchè sapevo quanto profondi erano i sentimenti di Elvis per quelle canzoni.

Che ruolo ha giocato la musica gospel durante i tour?
C'erano due tipi di situazioni quando eravamo con lui: qualche volta stavamo nello stesso posto, che poteva essere Lake Tahoe o Las Vegas, e pertanto lui cantava sullo stesso palcoscenico sera dopo sera; altre volte eravamo in tour. Ma qualsiasi fosse la situazione, c'era sempre un pianoforte nella suite in cui lui alloggiava. Quindi, questa cosa di ritrovarci intorno al pianoforte a cantare musica gospel, capitava ovunque. Tanto in tour quanto quando eravamo fermi nello stesso posto.

Che impatto pensi abbiano avuto le incisioni religiose di Elvis sulla musica gospel e sul pubblico?
Ho sentito molte persone dire che provano una sensazione molto particolare quando si accorgono che Elvis canta questo tipo di canzoni. 
Penso anche che Elvis, probabilmente, ha raggiunto molte persone con queste canzoni, che solitamente non vengono ascoltate molto.

Quanto era religioso Elvis, secondo te?
E' una domanda difficile. Tendo generalmente ad esitare nel dire quanto sia religiosa una persona che conosco oppure che ho conosciuto, chiunque sia. Ma posso dire con certezza che aveva fede in Dio, senza dubbio, e che queste canzoni corrispondevano ad un desiderio profondo che aveva. Credo anche che desiderasse viverlo in modo più completo di quanto potesse. 
Elvis, in qualche modo, era imprigionato nel suo successo. Non era facile essere Elvis, sia chiaro.

Qual è il tuo ricordo più vivo quando si parla di Elvis e della musica gospel?
Non è facile rispondere... Vorrei dire che sono tutte quelle occasioni in cui abbiamo potuto suonare privatamente. E' il più bel ricordo che ho di quel periodo, assolutamente.

Come è successo che hai smesso di suonare per Elvis?
Onestamente, ho pensato di avere l'opportunità di fare un album da solo in Svezia, ma poi non è andata così. E' stata la ragione per cui sono tornato a casa a quel tempo.

Com'è stato dire addio ad Elvis?
Non credevo che sarebbe stato l'addio definitivo; non pensavo sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrei visto. Pensavo ci saremmo incontrati ancora. Per varie ragioni non è più capitato di incontrarci prima della sua morte nel 1977. E questo mi rattrista molto, moltissimo.

Sei rimasto in contatto con alcuni dei musicisti di quel periodo?
Pochi. In realtà sono rimasto in contatto con Tony Brown, tra gli altri, che ha preso il mio posto di pianista nel gruppo; e poi è diventato anche il pianista di Elvis durante gli ultimi anni. So che anche lui ha condiviso dei bei ricordi. Ho visto un documentario basato principalmente su quello di cui stiamo parlando e Tony ha detto alcune cose molto belle riguardo quei momenti, che sono continuati dopo che me ne sono andato.

Quanto spesso pensi al tempo trascorso con Elvis?
Spesso, sinceramente, perchè ci sono molti ricordi bellissimi. Ma ci sono anche cose che... Ho visto anche i lati negativi portati da una tale incredibile fama. Ricordo quella volta in cui aveva intenzione di mostrare tutti i suoi dischi d'oro. Immagina di avere nella tua casa una grande stanza con tanti dischi d'oro, che potrebbe essere come un museo. Che strana sensazione!
Così era anche per lui! Ricordo che disse: "Quando entro in questa stanza, non riesco a credere di essere stato io a fare tutto questo!". Lui esprimeva una sorta di disorientamento davanti al fenomeno che era lui stesso, Elvis Presley.
Lì c'era l'uomo Elvis Presley, che era una persona semplice e non riusciva a capire cosa fosse successo. E non c'è nessuno che può vivere stando su un piedistallo, come succede spesso in questo genere di fama. Si è soli là in alto. E non è così facile avere amicizie normali, sapere chi sarebbe stato tuo amico anche se non fossi stato ricco e famoso. Pertanto la vita non è così semplice. Ma credo anche che per quelli che, come noi, sono stati vicino a lui, sia stato un reale rapporto di amicizia; e quando cantavamo insieme e lui era uno del gruppo che cantava e tutto il resto... Quelli sono i ricordi più belli.