RECENSIONE CONCERTO ELVIS PRESLEY: KANSAS CITY, MISSOURI - 21 APRILE 1976

EFFETTO ELVIS
Data Concerto: 21 APRILE 1976 (8:30 pm)
Giornale: Kansas City Times
di: Jess Ritter
Pubblicato: 22 Aprile 1976



Sono una di quelle 18.000 anime che hanno visto Elvis Presley alla Kemper Arena Mercoledì sera e porto ancora vividamente il ricordo dello spettacolo.
C'erano state così tante chiacchiere strane nel corso degli ultimi due anni. Elvis era gravemente sovrappeso, era stato ricoverato in diverse cliniche per disturbi indefiniti; stava inspiegabilmente regalando d'impulso auto costose, che un certo strizzacervelli della costa orientale annunciò solennemente essere una forma di senso di colpa per la sua ricchezza e per il suo matrimonio destinato a finire male.
Da alcune delle registrazioni racimolate dello scorso anno, abbiamo anche sospettato che Elvis avesse perso la voce, specialmente dopo lo spettacolo televisivo noioso e pesante che ha trasmesso dalle Hawaii.
Dal momento in cui è salito sul palco ieri sera, però, ha dimostrato chiaramente che, all'età di 41 anni, è ancora uno degli artisti più carismatici d'America. Elvis ha lavorato duramente per tutto il concerto, che è durato ben più di un'ora.
Le giravolte in stile punk hip del passato sono scomparse e tutti i suoi movimenti sono accuratamente coreografati, ma sono vividamente reali ed insinuanti.
Nella sua camicia azzurro ghiaccio, canotta bianca e pantaloni bianchi stretti, circondati in vita da un'enorme cintura di strass, Elvis ha dominato il palco senza sforzarsi troppo. È un uomo grande, con le spalle larghe. È corpulento sopra la vita; i fianchi e le gambe sono ancora sottili.
Elvis Presley ha imparato a cantare sulle orme del blues che ha sentito a Memphis e nel Tennessee meridionale. Ricordo una serata libera alla scuola superiore, quando ho beccato un camionista di nome Presley, nel 1956, che cantava blues in un nightclub fatiscente a West Helena, Arkansas. Il nostro gruppo ha convenuto che il ragazzo sarebbe diventato un cantante blues, come minimo. A Kemper Elvis ha cantato il blues. Hanno cercato di renderlo una parodia di se stesso nei film di Hollywood. È sopravvissuto a quello. È anche sopravvissuto a molte delle irragionevoli adulazioni che distruggono molti degli dei e delle dee della terra del cinema.
È stata una serata di grande intrattenimento. Finora Elvis Presley ha sfidato i destini che abbattono così tanti eroi ed eroine della cultura pop. Forse è quello che intendeva quando ha cantato in una delle mie canzoni preferite (Return to Sender): "Return to sender, address unknown, no such number, no such zone".